sabato, luglio 28, 2007

I cento chiodi

oltre ad essere un bel po' di tempo che non intervengo nel mio blog è altresì passato diverso tempo dall'ultima volta in cui ho aggiornato la sezione film. Soprattutto perchè è veramente tanto ma tanto tempo che riesco ad uscire dal cinema e dire: si è stato proprio un bel film. Vero è anche che i multisala non aiutano certo il cinema d'autore. E non si prova tanta soddisfazione ad uscire dal cinema e distruggere un film, insomma a meno che la delusione non sia assolutamente degna di essere espressa preferisco evitare polemiche, lunghe e inconcludenti. L'ultimo film che ho visto degno di nota è Death Proof Grindhouse, l'ultimo film di Tarantino. Un genio, un mostro, una persona capace di stupirmi ogni volta che prende in mano la macchina da presa e racconta qualcosa.
Comunque proprio perché è bello condividere i nostri giudizi, le noste opinioni importantissime ho deciso di usare questo post per pubblicare un commento che un caro amico ha lasciato su questo blog, commento che parla appunto dell'ultimo film di Ermanno Olmi. Un grande del cinema italiano, uno dei pochi che si è rifiutato di scendere a compromessi e che ha sempre messo al primo posto la sua arte.
quindi la parola adesso va a Riccardo:
Ieri sera sono andato a vedere il film "I centochiodi" di Ermanno Olmi. Non so se è un tema che avete trattato in questo blog. Proverò a farlo anch'io anche se non sono un'intenditore di cinema, di pose, di luci, di sceneggiature ecc. Proverò a dare un senso a quello che ho capito della trama. Comincia con la denuncia ai carabinieri da parte del bibliotecario di un collegio in cui sono raccolti tutti i libri di chiesa. Patrimonio culturale della verità di Dio in terra. Non ha le trame del giallo infatti si capisce subito che il colpevole è il professorino, interpretato, meglio che poteva, da Raz De gan (non so se si scrive così, ma non mi importa un ....), un giovane scenziato e scentifico in carriera in attesa di pubblicare un suo saggio riguardo il tema di Dio visto nella concezione esistenzialista. Ed è proprio da qui che trova il suo Dio, ma perde quel Dio che cercava e a cui aveva rivolto la sua fede. In un passo di un autore esistenzialista del quale viene menzionato il nome, ma, me ignorante, non ricordo, si legge che qualsiasi forma di opera, anche la più nobile, o qualsiasi forma di pensiero, anche il più buono viene usato dall'uomo come fonte di guadagno personale e quindi il mondo basato su queste fondamenta non avrebbe riservato un grande futuro per l'uomo e lo avrebbe sempre più allontanato da Dio. I centochiodi sono il simbolo dell'uccisione/crocefissione di quei libri che pur contenendo la parola di Dio non sono mai serviti all'uomo per migliorare il mondo. Esso si migliora in base al proprio pensiero puro e non in seguito alle letture della Verità. Comincia così la sua nuova vita. Finge il suicidio della sua personalità ormai morta, butta via le armi che lo attaccavano alla materia, il cellulare, i vestiti belli, la macchina (un BMW cabrio) e brucia il suo saggio ormai pronto all'edizione (frutto delle sue sacre conoscenze che gli avrebbero portato molti soldi sui suoi conti in banca) e si rifugia in una baracca abbandonata in riva al lago. Il primo tempo è molto introspettivo, ad Olmi i dialoghi non piacciono molto, preferisce che lo spettatore arrivi alla sua verità da solo. Nel secondo tempo entra in scena la personalità di questo nuovo Cristo del 2000. I personaggi del lago (alias gli apostoli) lo adottano e gli sono fedeli. Una ragazza che il paese "conosceva mooolto bene" (alias la Maria amata da Gesù) si innamora di lui. La sua voce si fa' profonda e accattivante e qui sottolineerei la bella prova di Adriano Giannini che sulle orme del padre il grande Giancarlo ha dato fiato ad un personaggio che forse con la sua interpretazione non avrebbe reso il Personaggio, a parte quando inquadravano gli occhi belli e profondi di un israeliano che potrebbe assomigliare ad un Cristo moderno (anche se nelle scene gli colava spesso il naso...!!!). Il suo verbo toccava i cuori di quella gente. Ma c'è stata un'incongruenza abbastanza enorme con il Cristo che tutti noi conosciamo. Questo Cristo non ha fatto nessun miracolo, se non accettare con rassegnazione la natura malvagia dell'uomo. Il nuovo Cristo non parlava di Dio, bensì lo criticava per la tanta indifferenza che ha riguardo alle sofferenze degli uomini, fino alla frase culmine in cui dice "che nel giorno del giudizio sarà Lui che dovrà rendere conto a noi di tanta sofferenza, non seppe salvare neanche suo figlio dalla Croce!" Il nuovo Cristo ha vissuto più o meno come il Cristo antico, ma da predicatore solo alcuni mesi. Ma la cosa più strana è che il vecchio Cristo senza l'aiuto dei media (radio, televisioni e giornali) e senza l'apporto di internet fece parlare di se tutto il mondo allora conosciuto ed ancora oggi ci arriva con una potenza inaudita. Il nuovo Cristo è riuscito a farsi conoscere da una decina di persone più o meno e poi come dice la voce narrante "sparì così come apparve". Che pensare, forse non ci salva neanche più Cristo, come si suole dire
Riccardo Berti
Mi sento di aggiungere che Olmi stavolta ha centrato in pieno il nocciolo della questione, ossia un Cristo che torna ai giorni nostri. Un Cristo che non riesce a salvare più né se stesso e nemmeno gli altri. Anche perché oggi sono gli altri a non voler essere salvati, e soprattutto a voler essere lasciati in pace da tutto questo deismo contemporaneo, che divenuto inutile e gratuito.
Nessuno riesce più a trovar conforto in qualcosa che alla fine non c'è, non ti da nulla se non dubbi ed incertezze che certo non aiutano ad andare avanti in un mondo fatto di sole cose concrete, di soluzioni immediate che non implicano risposte mancate. tutte quelle risposte che la fede ormai non da più.
Elisa Lazzerini